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Ikea e l’instant marketing: spot contro il Congresso Mondiale delle Famiglie

Idee personali. Bomba mediatica e riflettori puntati sul Congresso Mondiale delle Famiglie (World Congress of Families, WCF) che si è tenuto a Verona dal 29 al 31 marzo per riunire la schiera antiabortista, antifemminista e anti-LGBTQI della nostra società. Al congresso hanno partecipato esponenti politici tra cui il Ministro Salvini e il Ministro Fontana che hanno espresso a mo’ di teatrino le loro idee, a mio parere riluttanti, riguardo il concetto di famiglia tradizionale. Ma questa è un’altra storia, parte della storia politica italiana attraverso la quale ci contraddistinguiamo ancora una volta.
E i gadgets? Basti pensare ai gadgets: portachiavi a forma di feto che rappresentano un feto alla decima settimana (di cui risparmierò la foto perché trovo triste un simile cadeau). A mio parere, ancora più riluttante è lo slogan che lo accompagnava in una bustina di plastica: “‘L’aborto ferma un cuore che batte!”. 
Oltre a sentirmi offesa in quanto donna (per tutte le donne che hanno lottato e lottano per far valere i propri diritti), mi sento offesa in quanto essere umano capace di donare la vita e di poter decidere se mettere o meno un essere umano al mondo. Una donna stuprata forse deve sentirsi obbligata a portare a termina una gravidanza “indesiderata”? Un padre o una madre single devono sentirsi discriminati e ostacolati dalla società e dalle idee nel crescere il proprio figlio? 

Nel 2019 il fatto davvero allarmante è che una schiera di civili, accademici e politici protestino contro l’omosessualità considerandola una patologia direttamente correlata alla causa del declino demografico, così come l’aborto. Nel 2019 in nome della libertà, di quella stessa libertà di espressione che molti uomini hanno ottenuto con la morte, vedere ad un congresso – o meglio – un circo mediatico dove le tematica centrale è stata quella di negare i diritti anziché combattere per ottenere i diritti.
Qui la discussione è stata la lotta per abolire i diritti altrui e nello specifico:

  1. il diritto di poter decidere da donna se interrompere una gravidanza in sicurezza (v. legge 194, che in Italia consente alle donne di avere la libertà in determinate condizioni)
  2. il diritto di essere se stessi e di esprimere il proprio orientamento sessuale senza essere discriminato/a, il diritto di avere gli stessi diritti (perdonate il gioco di parole) di un eterosessuale…

Io non ci sto e non c’entra la politica, non intendo prendere posizioni politicamente parlando. Per me esiste la famiglia dove c’è rispetto e amore, dove c’è ascolto ed educazione emotiva, dove c’è un tutore o tutrice che provvede alla crescita, alla protezione ed istruzione di un bambino.
ll problema nasce laddove si cerca di imporre un modo di vivere la vita che è medievale, dove la donna è un oggetto atto a procreare e senza possibilità di scelta, dove l’omosessualità è da condannare. 

E Ikea che posizione ha preso?

Ikea: branding e instant marketing sociale

Già nel 2011 Ikea aveva creato una campagna promozionale per promuovere l’apertura di un nuovo centro a Catania. La cartellonistica pubblicitaria  raffigurava due uomini che si tenevano per mano, uno dei due con il solito sacco pieno di prodotti Ikea. Alla destra Ikea Family, la fidelity card della famiglia per eccellenza e poi lo slogan conciso e pungente “Siamo aperti a tutte le famiglie”.
Questa immagine ha fatto molto discutere, ma sicuramente come per le storiche fotografie di Oliviero Toscani, Ikea nel bene e nel male dal punto di vista della comunicazione  riuscita a far parlare di sé. Alla fine è uno dei paradossi della comunicazione, no? 

Ieri alle 12.52 il colosso svedese ha pubblicato sulla sua pagina Facebook un video (se non l’avete visto, cliccate qui).
L’idea di famiglia è espresso attraverso suoni, immagini e testi. Immagini normali (nessun forte impatto emotivo) corredate da frasi semplici, dove l’intenzione sembra essere quella di evocare le situazioni in cui si sente “a casa” e quindi in famiglia.

Ikea coglie l’attimo e prende parte a questa disputa nazionale e internazionale e lo fa in modo elegante: attraverso poche frasi e poche immagini, normalizzando il concetto stesso di famiglia. Il topic centrale del video non è solo la “famiglia” ma soprattutto il fatto di “sentirsi a casa”, ed ecco il branding! Della serie: famiglia è quando ti senti a casa e condividi il tuo divano, la tua tavola, ti senti a casa quando hai un mobile Ikea, quando sei in cucina con la tua metà e le stoviglie sono di Ikea, addirittura in bagno quando prendi lo spazzolino oppure quando fai quella cosa lì e ti viene in auto l’articolo Ikea.
Il brand Ikea in questo caso non ha fatto instant marketing per creare clamore – o meglio non solo – qui il brand si è umanizzato, ha preso parte e continua ad esprimere i suoi valori ribadendo il posizionamento etico che assume da anni. 
Se non dovesse essere stato chiaro con il video il colosso svedese ribadisce il concetto in questi termini: 

Non c’è bisogno di un congresso per capire cos’è una famiglia. #congressodellafamiglia

Infine, Ikea non ha solo preso una posizione, ma si è messa in gioco senza temere di perdere una parte dei suoi possibili clienti, parlo degli antiabortisti, omofobi ecc., dimostrando che la neutralità a volte non serve a niente. Questa a mio parere è un esempio di comunicazione anticonvenzionale ben riuscita ma soprattutto di libertà di espressione! 

 

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