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E-commerce pre e post-pandemia: cosa è cambiato in un anno

Con la nascita del World Wide Web non è una novità che il mondo sia cambiato. O meglio è cambiata la velocità con cui oggi tutto questo accade. 
Facciamo un confronto temporale in cui i vari media a confronto hanno raggiunto 50 milioni di utenti. 
Media tradizionali come la radio ha impiegato circa 38 anni per raggiungere 50 milioni di utenti, la TV ha impiegato circa 14 anni mentre le nuove tecnologie come smartphone, tablet, pc attraverso i nuovi media circa 80 giorni.
Gli utenti che hanno accesso ad internet nel mondo sono 4,5 miliardi, il 7% in più rispetto all’anno precedente, e rappresentano complessivamente il 59% della popolazione del pianeta. Di questi, il 92% (4,2 miliardi) accede alla rete da mobile. L’area Asia Pacifico è la prima per numero di utenti, con 2,3 miliardi di persone che accedono a internet, ovvero il 50% del totale.  Dunque, la pervasività del web non ha eguali.  La tecnologie adoperate hanno permesso a diversi settori di operare il cambiamento. 

Partendo dagli albori, secondo alcuni studiosi di comunicazione online, la prima vendita online coincide conl’acquisto di un CD. Dan Kohn, imprenditore statunitense di 21 anni, aveva un sito chiamato NetMarket,  l’11 agosto 1994 egli vendette l’album di Sting Ten Summoner’s Tales a un amico che lo acquistò con carta di credito da Philadelphia. 

Da un punto di vista storico, invece, nel 1970/71 gli studenti di Stanford e il laboratorio di Intelligenza Artificiale dell’Istituto di Tecnologia del Massachusetts, usando il progetto ARPANET (Advanced Research Projects Agency Network), organizzarono una vendita di cannabis. Come descrisse John Markoff questo evento rappresentò “l’atto determinante dell’e-commerce” (“the seminal act of e-commerce”).

Negli anni ’90 altra figura che segnò un cambiamento epocale fu Jeff Bezos, dal suo garage a Seattle, spedì il primo libro acquistato su Amazon.com. È in quell’anno che iniziò il percorso di successo che dura a tutt’oggi. 

Amazon fu il primo e-commerce nel canale vendita B2C (business-to-consumer), con la possibilità di ricercare i prodotti in base a un bisogno/necessità. In soli 30 giorni dalla sua nascita amazon.com viene definito “la libreria più grande al mondo”, grazie all’intuizione del giovane imprenditore che aveva compreso quanto il mercato librario fosse facilmente trasferibile sul web.
Sempre a metà dei floridi anni ’90, l’informatico e 28enne, Pierre Omidyar creava il primo portale per le aste online: AuctionWeb, oggi noto con il nome di eBay! 
E in Italia? Il primo acquisto avvenne il 3 giugno 1998 sulla piattaforma IBS.it, la quale era attiva da meno di 30 minuti quando avvenne la prima transazione. L’acquisto del libro proveniva da oltreoceano, nello specifico dalla California. Nel 1999 nasce Alibaba che si situa nel canale vendita B2B (Business-to-business) e nel 2012 supera il volume vendite di Amazon ed EBay, grazie all’ampio bacino di utenza in Cina. 

E-Commerce in Europa e in Italia

Negli anni 2000 con la diffusione dell’ADSL ad alta velocità i negozi online iniziano a diffondersi a macchia d’olio. Gli e-commerce si moltiplicano a tal punto che nel 2004 vengono regolamentati gli standard di sicurezza. Nasce in quell’anno la Payment Card Industry Security Standards Council (PCI). L’e-commerce diventa mobile e social, dal momento che l’uso dei social network ha aperto nuove strade di visibilità e promozione ai rivenditori online, oltre a creare nuovi canali di comunicazione tra aziende e consumatori. Volgiamo uno sguardo ad alcuni numeri dalla nascita dell’e-commerce nel 2004 fino ad oggi.
L’e-commerce come medium ha avuto un’impennata tra il 2009 e il 2020, certamente anche grazie all’introduzione del mobile come tecnologia.
Secondo la ricerca annuale di Casaleggio Associati (2021) il canale mobile nel 2020 ha permesso di transare circa il 48% del fatturato delle aziende e-commerce italiane, il 4% in più rispetto allo scorso anno.
Il 2020 è stato l’anno in cui tutti gli italiani hanno scoperto più che mai la possibilità di acquistare online, il COVID ha bloccato diversi mercati ma lo spirito con il quale il nostro paese ha reagito al cambiamento è sinonimo di resilienza, tenacia e innovazione.  Se prima il delivery era pensato solo per realtà come ristoranti e pizzerie, era possibile in periodo pandemico anche ricevere un compasso e un goniometro dalla cartolibreria di quartiere.

Lo stato dell’e-commerce a livello europeo. L’Europa è il continente con una penetrazione di internet parti all’85%, con un aumento di +5% rispetto all’anno 2019. Sono 727,56 milioni gli utenti che accedono a Internet, e di questi il 70,6% hanno acquistato tramite commercio elettronico.  Secondo le analisi di mercato e la ricerca di Casaleggio Associati quest’ultima percentuale sembrerebbe destinata ad aumentare fino a raggiungere il 78% nel. 2024. 

2020, uno spostamento di massa verso l’e-commerce. Con l’emergenza sanitaria ci sono stati non solo mutamenti profondi sociali ma anche economici, a livello commerciale, tra i consumatori e tra le aziende. Nel settore B2C la parola d’ordine sembra essere stata “trasformazione digitale”. Sì, perché prima della pandemia avevamo un mondo, dopo tutto è cambiato. Tale cambiamento ha interessato i consumatori in prima persona, i quali non potendosi recare nei negozi fisici a seguito della chiusura imposta e le varie fasi pandemiche, hanno cominciato a vedere l’online come unica soluzione. Di riflesso, i negozi e i brand più audaci hanno cavalcato l’onda del cambiamento e hanno proposto ai clienti opzioni per ordinare e ritirare in modo sicuro i beni, le merci, adottando misure straordinarie rispetto a prima, per contenere la diffusione da Covid19.

I numeri prima della pandemia. In media il 64,5% degli utenti nel 2020 ha comprato utilizzando un dispositivo mobile, il 79% ha ordinato prodotti tramite marketplace (Ebay, Amazon, Aliexpress, ecc). In quest’ultimo caso la percentuale arriva fino al 94% in Spagna, 97% nel Regno Unito e 98% in Italia.  Entrando più nello specifico, seppure i numeri siano alti, solo il 12% delle aziende italiane ha attivo il commercio elettronico e il 79% lo fa nel canale vendita B2C. I settori più importanti in Italia nel 2019 in termini di acquisti online: il tempo libero rappresenta il 42,7% del fatturato totale, seguito dal Turismo che rappresenta il 25,6% (non potendo prevedere che tale mercato fatturerà 0 nel 2020 con una risalita graduale nel 2021).

L’e-commerce ai tempi del Coronavirus: sfide e opportunità

Nel 2020 si stima che oltre 390 mila imprese del commercio non alimentare e dei servizi di mercato hanno abbassato le serrande, contro 85.000 nuove aperture, per un totale di -11,3%.

Le prime notizie del Covid nel nostro paese arrivano nei primi 20 giorni d febbraio 2020. In questo periodo le visite ai siti e-commerce erano rallentate, nonostante i potenziali acquirenti fossero chiusi in casa.  Tuttavia, nessuno può dimenticare la corsa smodata alle mascherine, agli occhiali, ai guanti, all’alcool etilico e soprattutto al gel igienizzante. Così, di colpo tale mercato ha avuto una domanda maggiore rispetto all’offerta a livello globale. Per le persone la necessità principale era quella di munirsi di tali prodotti, di avere informazioni sulla malattia e dotarsi di strumenti legati all’attività lavorativa per non fermarsi del tutto.  

In Cina. I consumatori cinesi non hanno bloccato l’economia come è accaduto in diversi paesi, hanno optato per sostituire gli acquisti in store, quelli offline, con l’online e il commercio elettronico dove l’attenzione era ai beni di prima necessità, assicurazioni sanitarie e di mobilità oltre che prodotti sanitari.  Per forza di cose, al contrario si è vista una contrazione in settori come bellezza, alcool, lusso, prodotti cosmetici, abbigliamento e accessori, corsi di fitness, beauty: cura capelli e manicure e ancora viaggi, attività fuori di casa, cene e incontri.

Cosa ha insegnato l’epidemia alle aziende che nel mentre non erano attrezzate e non si sono attrezzate per offrire il commercio elettronico ai clienti? Anche in periodi di emergenza la sfida è quella di continuare ad offrire il servizio mantenendo la sicurezza del personale, logistica e spedizioni. Riflettere sul cambiamento e sull’ottimizzazione dei servizi, ad esempio rispetto alla consegna tradizionale, nel periodo pandemico molte aziende hanno applicato da subito soluzioni come “contactless delivery”: ordini lasciati sullo zerbino senza bisogno di firma, oppure in punti dedicati. 

Altra sfida è rappresentata dalla logistica. Il marketplace B2B, Alibaba, si affida in gran parte a servizi logistici esterni, ha avuto non poche difficoltà in quel periodo nel soddisfare il numero di domande. Il colosso cinese dell’e-commerce JD.com ha visto trasformarsi il numero di pacchi per appartamenti a Pechino da 140 a 150 al giorno, con ritardi nelle consegne o impossibilità di prenotare slot. Per questo, sembrerà futuristico e assurdo (sempre per il concetto che ciò che è  lontano geograficamente da noi non ci riguardi) ha usato veicoli a guida autonoma per consegnare beni di prima necessità agli ospedali in quarantena nella città di Wuhan, epicentro dell’epidemia, e droni per spedire pacchi ai villaggi vicini.  Dal 6 febbraio del 2020 JD ha utilizzato i fattorini robot per consegnare forniture mediche agli ospedali (farmaci, attrezzature, ecc) sempre in un’ottica di delivery contactless. Inoltre, il turismo ha avuto di riflesso un peso in tutto il mondo, dal momento che, i cinesi rappresentano il 10% dei viaggiatori abituali. 

Impatto del Covid in Italia. Il nostro Paese è stato tra i primi nell’unione europea coinvolto con la pandemia e il primo ad avere la necessità di bloccare alcuni settori e attività per la sicurezza della popolazione, nel tentativo di arginare la diffusione della malattia. Con la chiusura delle attività principali e ricreative, con il lavoro agile o smart working, i ragazzi a casa da scuola, le università chiuse, intere città sono diventate fantasma. 

Il traffico web è cresciuto a dismisura perché eravamo confinati in casa con l’obbligo di isolamento domiciliare e uscite concesse solo per beni di prima necessità. Con la paura del contagio, nel mese di Marzo 2020 c’è stato un aumento del 60% di persone collegate ad Internet. Il 72% degli italiani ha speso più tempo sugli smartphone rispetto al totale complessivo dalla nascita del cellulare ad oggi. 

Esselunga, Coop, Carrefour hanno avuto un’impennata di visite, si stima oltre il 250%, per fare la spesa e farsela recapitare a casa. Le slot per la prenotazione venivano aperte a mezzanotte, e a mezzanotte e un minuto erano già tutte piene per i 15 giorni a seguire. Almeno su Bologna, città in cui vivo e ho trascorso i mesi della pandemia. A farne le spese, purtroppo, sono stati altri settori e siti come quelli turistici, hotel, b&b, Airlines, noleggio auto ed eventi, oltre che il retail.

Abbiamo trasposto azioni quotidiane nel digitale per continuare a vivere, seppur chiusi in casa.  Allora ci accontentavamo del cinema trasformato in Netflix o Prime Video, della scuola su Google Classroom o Microsoft Teams per gli universitari come me, su Skype per le visite mediche, il corso di fitness online su Zoom, fino allo shopping che ha generato una trasformazione economica e sociale in breve tempo. Se i decreti di marzo bloccarono molte attività produttive non ritenute principali da una parte, consentirono la prosecuzione delle attività di servizi postali e corrieri privati dall’altra, i quali hanno permesso la consegna del commercio al dettaglio di qualsiasi tipo di prodotto acquistato online.Il settore dell’e-commerce in questi due anni è diventato di vitale importanza, un settore essenziale a cui grandi e piccoli venditori si sono affidati per continuare a lavorare. Tale situazione ha impattato fortemente su chi deteneva solo uno store fisico e ha visto bloccarsi di punto in bianco gli introiti. Per questo, tale momento storico è stato decisivo per entrare in tutte le case e per la prima volta nel a chiunque per necessità di effettuare un primo acquisto online.
Grandi store della filiera retail come Zara, chiusero gli store fisici, aumentando e potenziando il servizio con spedizione gratuita e l’ampliamento del reso a 30 giorni. 
Insomma, le aziende italiane come quelle di altri paesi, hanno dovuto reinventarsi e farlo in poco tempo per cogliere, seppur nella difficoltà, le opportunità di avere introiti solo attraverso il digitale.

Il modello di business è cambiato per sempre. Le aziende che hanno preso il periodo della pandemia come un momento di sosta forzata e che sono tornati a fare ed attuare gli stessi modelli di business sbagliano. Non avranno vita lunga. In altre parole, il prosumer è abituato oggi più che mai ad avere la doppia scelta online-offline, dove l’online rappresenta una risorsa in termini di tempo, efficienza, flessibilità. Per questo sono cambiate le evoluzioni sulle abitudini di consumo di pari passo con il cambiamento dei clienti. 

Per gli imprenditori, le aziende, le PMI o le piccole attività locali questo è il momento di non rimanere indietro, sicuri che una simile malattia non possa toccarci più quanto il Covid. 

Il punto è che le emergenze non sono solo di grado sanitario, potrebbero verificarsi nel corso del tempo anche altri tipi di emergenze. 

Come hanno reagito i brand

Alla luce della panoramica esposta fin qui verrebbe naturale chiedersi quali siano i principali vantaggi online per le aziende: 

  • Nuova opportunità di business
  • Presenza all’interno del mercato internazionale
  • Abbattimento delle barriere geografiche, temporali, ecc.
  • Vantaggio competitivo nei confronti dei competitors nello stesso mercato di riferimento
  • Possibilità di vendere prodotti o servizi su misura
  • Investimento limitato rispetto ai profittevoli risultanti nel medio e lungo termine
  • Attenzione e facilitazione di acquisto per il cliente (stop a code infinite), resi facili e gratuiti ecc.

Cosa hanno fatto brand e aziende in Italia e nel mondo. Nel corso di questi mesi molti brand hanno colto l’opportunità di aprire il canale digitale e “reinventarsi” con l’apertura di un sito web, canali social, ecc. Brand che fino ad allora non avevano mai contemplato tali possibilità. È emersa una definizione della presenza online e ampliamento dei canali di vendita mediante piattaforme di vetrine virtuali che consentono di effettuare ordini presso i negozi locali con consegna a casa.

O ancora, altre aziende hanno chiuso definitivamente gli store fisici per trasferirsi nel mondo digitale e dell’e-commerce, è il caso di Lin Qingxuan, azienda di cosmetici nota in Cina.
Granarolo ha aperto lo store online in alcune province quali Bologna, Modena e Milano. Il pagamento online è stato integrato, così come il pagamento alla consegna mediante contanti o tramite POS. 

Carrefour, dopo un mese di quarantena, non avendo slot di consegna a disposizione come visto sopra, ha deciso di creare una sezione denominata “gli essenziali” nell’e-commerce, ovvero una scatola preconfezionata con prodotti necessari per la spesa settimanale. La consegna veniva garantita aggratis e periodicamente.

TheFork, l’app per la prenotazione dei ristoranti ha creato una sezione per la consegna a domicilio per mettere in contatto clienti e ristoratori senza intermediari.

La maggior parte dei siti vetrina creati da Italiaonline, la prima media agency in Italia, che detiene una grossa fetta di mercato online con clienti nel campo della ristorazione, bar, piccola distribuzione, ha attivato gratuitamente sui siti dei clienti un widget per la consegna a casa, creando un contatto diretto tra cliente e attività direttamente dal sito web.

Ermanno Scervino, maison di moda italiana, ha organizzato lo smart working delle sue sarte per convertire la produzione. Tutti i giorni delle persone preposte portavano metri di tessuto ed elastici a casa delle sarte per ritirare le mascherine già pronte.

La distilleria Ramazzotti, così come il gruppo L’Erbolario, hanno convertito la produzione di amaro, shampoo e prodotti cosmetici e gel igienizzante confezionato da distribuire alla Croce Rossa e altre istituzioni attive sul campo.

E ancora Chicco, ha lanciato la campagna #Next2you a  supporto dei genitori che erano a casa a lavorare con i figli, fornendo loro suggerimenti utili per intrattenerli e su come contestualizzare ai bambini l’emergenza sanitaria.

Decathlon, sulla stessa scia, ha creato la campagna #sportacasa per riunire tutti i post sull’utilizzo degli attrezzi a casa e per i video di training.

Vodafone ha lanciato la campagna adv integrata “Insieme” su radio, TV, social, web che prevedeva la possibilità per gli utenti di donare per sostenere le attività della Croce Rossa italiana mandando un SMS. Tale campagna è uscita successivamente a quella per promuovere la Giga Network che promuoveva l’utilizzo di giga extra per effettuare video call di lavoro, di amicizia veicolando il messaggio “Anche quando non possiamo stare vicini, possiamo essere insieme”.

Ampliamento target. Molte aziende hanno modificato il target, i servizi tendendo ad ampliare entrambe le cose. Il prosumer di oggi ha nuove necessità. Ad esempio, a Milano FrescoFrigo, una start-up, ha installato vending machine con prodotti freschi e salutari negli uffici. Ha creato il “market condominiale” del Social Village Cascina Merlata installando frigoriferi smart nel complesso a servizio di oltre 900 persone residenti. 

Riconversione del prodotto per uso sanitario da parte di settori disparati. È il caso del settore tessile-manifatturiere che si è adoperato per convertire parte della produzione a favore di camici e mascherine in tessuto TNT; mentre il settore cosmesi ha privilegiato la conversione in prodotti quali gel e igienizzanti. Alcuni tra i casi  italiani: Calzedonia ha riconvertito le fabbriche di calze e collant producendo 10.000 pezzi al giorno di mascherine e camici monouso, pur mantenendo attivo il loro e-commerce originario. 

I brand hanno avuto modo di posizionarsi eticamente.  Lo hanno fatto investendo tempo, risorse e denaro per dialogare con il proprio pubblico, coinvolgendolo con campagne adì finalizzate a passare tempo di qualità insieme, nell’ottica di rafforzamento e brand awareness.  Alcuni esempi sono Ikea che ha continuato a pubblicare sui social immagini di case e situazioni prettamente casalinghe con l’aggiunta dell’hashtag #RipartiamodaCasa per puntare a un’idea diversa di organizzazione degli spazi, stimolando l’idea di creare un angolo per lo smart working.

Omnicanalità.  Nell’indagine 2021 di Casaleggio Associati si è rilevato come i brand hanno iniziato a sviluppare una strategia omnicanale nel 2020in concomitanza con l’emergenza sanitaria. Infatti

Mentre un’altra buona parte di aziende, il 27%, vanta già un alto livello di implementazione. Quasi il 20% però non ha ancora preso in considerazione di sviluppare strategie omnicanale, mentre un 12% ha pianificato di iniziare dal prossimo anno92. Una strategia omnicanale è essenziale per potersi relazione con i consumatori secondo le loro preferenze: infatti, il 40% dei clienti è disposto a non effettuare un acquisto se non può farlo sul suo canale preferito93. Oggi i consumatori al mondo utilizzano in media sei punti di contatto e quasi il 50% ne utilizza regolarmente più di quattro94. Ogni canale in più inserito in una strategia di vendita, determina un aumento del fatturato per l’azienda: ad esempio un consumatore che utilizza più di 4 canali, aumenta la sua spesa del +9%. Riconoscere il cliente e comprendere il suo comportamento d’acquisto su tutti i canali rimane la principale strategia che le aziende e-commerce italiane attiveranno nei prossimi due anni (per il 17%, in calo rispetto allo scorso anno). 

Imprescindibili per il successo del proprio e-commerce sono le attività di marketing e advertising. Tra le attività principali: quelle SEM (Search Engine Marketing) continuano a raccogliere la maggior parte degli investimenti (19%). Al secondo posto troviamo le attività SEO (Search Engine Optimization). Al terzo posto i Social Media (WhatsApp, YouTube, Facebook, Instagram, TikTok, Twitter,  con il 12%, a seguire Email marketing con il 10%, Display advertising con il 6%, Comparatori con il 6%, Remarketing e Retargeting con il 6%. Le sponsorizzazioni perdono due punti percentuali e passano al 5%, Affiliazione e Programmatic rimangono al 3%. Una nota particolare va a Tv, Radio e Stampa che scendono dal 13% al 5%, a favore invece dell’advertising sui nuovi media.
Il social preferito dalle aziende italiane risulta essere ancora Facebook. Il 40% lo considera Molto efficace, contro il 53% dell’anno precedente, mentre il 39% Abbastanza efficace.

La fase di riapertura graduale dei negozi fisici non ha fermato la spinta verso l’innovazione digitale dei retailer, i quali hanno portato alla luce iniziative mirate a rendere l’esperienza in negozio sempre più simile a quella online, per esempio nuove modalità di prova dei prodotti (es. invio a domicilio di shopping box) o nuove modalità di gestione degli ordini (menù consultabili tramite QR code) e dei pagamenti (es. pagamenti con QR code).

Per concludere, l’emergenza da Covid19 che ha colpito il nostro Paese ha avuto un impatto importante sulle abitudini di acquisto e consumo negli italiani. Molti sono stati i consumatori che si sono affidati all’e-commerce per la prima volta, i quali fino a pochi mesi prima erano reticenti solo all’idea secondo il Consorzio Netcomm. Il commercio elettronico è così diventato un’abitudine che si estesa anche dopo la fine della quarantena. 

Netcomm nella sua indagine ha offerto una panoramica sulla frequenza di acquisto online che negli ultimi 12 mesi è aumentata del 79% rispetto all’anno precedente. 

Per i nuovi consumatori l’e-commerce non è più un fenomeno di nicchia, anzi, è un canale ormai imprescindibile per gran parte di questi. Dall’altro lato le aziende, ovvero i merchant, devono investire in soluzioni digitali che possano guidare il percorso e l’esperienza dell’utente. 

Nel 2021, che ormai volge al termine, l’eCommerce B2C torna a crescere con un ritmo simile a quello pre-pandemia. Secondo l’Osservatorio E-commerce B2C da un lato gli acquisti di prodotto continuano a lievitare, sebbene con un tasso più contenuto (+18%) rispetto a quello dello scorso anno (+45%), e toccano i 30,5 miliardi di euro. Dall’altro gli acquisti di servizio, dopo la crisi del 2020, segnano una ripresa (+36%) e raggiungono gli 8,9 miliardi di euro. Rimane però ancora significativo il divario rispetto al 2019 quando il comparto valeva 13,5 miliardi.

 

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