Le logiche della conversazione
Second Herbert Paul Grice (1913 – 1988), filosofo inglese e linguista che ha dato un enorme apporto alla teoria della comunicazione, son 4 le massime attraverso cui i soggetti impegnati in un atto linguistico f2f possono avere comunicazioni efficaci. Il filosofo ha fissato regole fondamentali alla conversazione fra individui soggetti al principio di cooperazione. Esso regola i nostri scambi verbali.
Per Grice, infatti, una conversazione inizia laddove c’è cooperazione tra i soggetti
«Conforma il tuo contributo conversazionale a quanto è richiesto, nel momento in cui avviene, dall’intento comune accettato o dalla direzione dello scambio verbale in cui sei impegnato»
Le 4 massime conversazionali
Ogni interlocutore dovrebbe contribuire allo scambio comunicativo conformandosi a quattro massime:
Massima della quantità: cerca di dare un contributo che soddisfi la richiesta di informazioni in un modo adeguato agli scopi del discorso; non fornire più informazioni del necessario;
Massima della qualità: dai un contributo vero, non dire cose che credi false e per cui non hai prove adeguate;
Massima della relazione: sii pertinente;
Massima del modo: sii chiaro, evita l’ambiguità e l’oscurità di espressione, sii conciso e ordinato.
Quando e per quale motivo queste massime vengono violate?
Esse possono essere trasgredite per diverse ragioni, menzogne a parte: una massima può essere violata per salvaguardarne un’altra. In questo caso la violazione viene sfruttata per comunicare implicitamente qualcos’altro e ciò produce un’implicatura conversazionale.
Le implicature conversazionali sono:
«informazioni supplementari derivanti dal confronto di ciò che il parlante ha detto con la sua supposta aderenza al principio di cooperazione e alle massime».
Negli atti comunicativi quotidiani l’essere indiretti permette in molti casi di salvare la faccia del nostro interlocutore o di noi stessi. O ancora utilizziamo le implicature conversazionali per ragioni di tipo relazionale o nella peggiore delle ipotesi per essere intenzionalmente indiretti, far capire, illudere, fare intendere piuttosto che dire esplicitamente ciò che pensiamo!
Un esempio?
Se in un negozio di calzature dico al mio interlocutore: “Quella scarpa non mi piace perché è troppo alta”, e questi replica: “Che bella giornata oggi, non è vero?”, egli dimostra di non rispettare la massima della relazione (la sua risposta manca di pertinenza).
Tuttavia, nonostante il mio interlocutore stia rispettando il principio di cooperazione inferisco che la violazione della massima è deliberata e non accidentale: la sua conversazione quindi implica che egli non voglia pronunciarsi sulla scelta della scarpa che sto indicando e a cui mi riferisco.
Fra la comunicazione esplicita (il detto) e quella implicita (il non detto) è possibile tracciare un continuum di cui gli atti linguistici indiretti e le implicature sono i poli estremi.
Giusy. Nasco negli anni ’90, quando il telefono cellulare diventa un vero e proprio strumento di comunicazione di massa. Sono una studiosa della comunicazione in tutte le sue forme. Ho fatto della mia passione per i media digitali il mio pane quotidiano, mi occupo di digital marketing per una Internet Company.
Nel tempo libero faccio cose, vedo gente.