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Facebook e Google possono coesistere in una strategia digitale?

Facebook contro Google – lo scontro continua? Proviamo a vederla da un’altra prospettiva.
Quale prodotto è più utile alla tua strategia?

Meglio Google Ads o Facebook Ads?
Queste sono tematiche già affrontate da tantissimi marketers e da tantissimi analisti web.
Io, che sono l’ultimo arrivato, non aggiungerò nulla su queste discussioni, ma cercherò di aggregare alcuni dati che ho trovato interessanti e che credo valga la pena di condividere per ragionare in maniera diversa su questi 2 strumenti.

Per essere coerenti, la risposta alle domande poste sopra è sempre la stessa: “Dipende”

Farà sorridere, ma è così.

Nel web marketing non esistono assiomi e considerazioni che possono valere per tutti i casi. Dipende, o Depende per dirla alla Jarabe de Palo.

Niente di nuovo fin qui.

Negli ultimi mesi avevo visto e letto alcuni articoli che parlavano del funerale anticipato della società di Zuckerberg. Un po’ di tempo fa è arrivato Snapchat e sembrava che gli avesse dato una spallata clamorosa. E’ arrivato Twitch, che sicuramente sostituirà Facebook nei giovanissimi. Per non parlare di Tik Tok, il social su cui si possono fare micro video, destinato anche lui ad un pubblico molto giovane. Così si pensava.
Ma Facebook è vivo e vegeto, ed in Italia sembra cavarsela ancora egregiamente:

Se consideriamo le prime 5 posizioni, 4 piattaforme hanno a capo Facebook (vi dice niente dati immagazzinati?)
La verità è che, nonostante gli scandali e le imputazioni fatte a FB (vedi caso Cambridge Analytica e multa dell’ Authority), questo social continua a piacere, continua ad essere usato e sta prendendo piede nelle fascia over 50, recuperando terreno per le perdite dei giovanissimi che lasciano la piattaforma per “emigrare” verso altri lidi, perché “Facebook è una cosa da vecchi”.

Assodato che Facebook sta bene e che viene ancora utilizzato, per quanto riguarda le strategia digitale, quando vale la pena utilizzarlo? E quando vale la pena usare Google Ads?
Dipende, come si diceva prima.
Nel campo delle ricerche vanno distinti 2 momenti specifici:

  • Consapevole o diretta: quando un utente cerca direttamente un servizio o prodotto nella barra di ricerca di un motore di ricerca ( diciamo nel 97% dei casi su Google)
  • Non consapevole o latente: quando un’utente, navigando, viene stuzzicato da un messaggio (display o native advertising) che trova in un sito, senza che lui facesse una ricerca reale, ma che potrebbe interessarlo perché in target con il prodotto/servizio esposto

Se vogliamo vedere questo tipo di ricerche come un iceberg, con la famosa divisione di 1/10 emerso e 9/10 sommersi, possiamo affermare che le ricerche consapevoli sono circa un decimo di quelle totali, e le restanti sono quelle non consapevoli (questo esempio l’ho visto in un articolo di Giampaolo Antonante di qualche tempo fa).

Sintetizzando ed estremizzando:

  • Ricerche consapevoli: Strumento ideale Google Ads – rete di ricerca
  • Ricerche latenti: Strumento ideale Facebook Ads o Google Ads – rete display

Ovviamente esistono altri strumenti assimilabili alle ricerche latenti, ma è mia intenzione fermarmi solo ai due colossi della Silicon Valley.

Da ciò si potrebbe dedurre che se avessimo un euro da investire in advertising, dovremmo spenderlo su Facebook, essendo immerso nel 90 % delle ipotetiche possibilità di ricerca di un utente in navigazione
In realtà, in un ipotetico funnel, le ricerche consapevoli specifiche, sono molto vicine ad una conversione, perché l’utente sta cercando proprio quel prodotto e servizio.
E quindi?
Dipende 🙂
Proviamo ad analizzare le 2 piattaforme, ed in generale tutte le principali piattaforme online, prendendo spunto da un articolo di The Manifest che troverai QUI.
L’articolo tratta il tema di come i social media possono aiutare a generare fedeltà negli utenti.

L’articolo è molto ben fatto, ma vorrei prendere in considerazione questi 3 spunti:

Questa infografica dice che, secondo il sondaggio fatto, Facebook da solo ha il 52% di utenti che dichiarano di comprare da un brand che seguono sul social. Semplificando, Fb da solo fa quello che fanno le altre 7 piattaforme online messe assieme. 1 vs 7.

Interessante, vero? Per me moltissimo. Se calo questo nella mia realtà personale, posso solo confermare che tutti gli ultimi acquisti online, tolto gli acquisti nati da una ricerca specifica fatta su Google, sono nati da una “scoperta” fatta sul feed di Facebook. Per capirci, l’ultimo corso online che ho comprato, l’ho scoperto con una sponsorizzata di Udemy che metteva un’offerta al 90%, per poche ore, su un corso di Digital Analytics. Udemy la conoscevo, non avevo mai comprato da loro, ma quell’offerta così “spinta” mi ha fatto decidere in breve sull’ acquisto. E’ vero che erano un paio di giorni che cercavo qualche corso del genere, ma non avevo questa necessità così impellente. Vedi voce retargeting, parlando di strategia messa in piedi dalla società californiana.

Altro dato molto interessante, lo troviamo in questa infografica:

Se le sponsorizzate sono fatte bene e riescono a raggiungere il giusto pubblico in target con il prodotto, la conversione, anche da social media, può essere molto alta. I brand, sui social, sono molto più vicini agli utenti, possono interagire con loro, capirli meglio, lanciare sondaggi e conoscere i loro gusti. In sintesi, sui social, i brand possono far crescere la fiducia verso i followers e possono essere in grado di creare una relazione che porta ad una conversione online.

Facile? No, perché nulla è scontato nel web marketing. Come si dice nell’articolo, i social non dovrebbero essere usati per vendere, ma per creare valore per l’utente. Il percorso di Dario Vignali e Marketers, in questo caso, ha fatto scuola, generando giorno dopo giorno valore per la propria community, su tutte le piattaforme online in cui sono presenti. Non vendono solo corsi e consulenze, ma generano tonnellate di informazioni, gratuite per i propri utenti. Che poi comprano perché hanno una cieca fiducia nei prodotti generati da questi ragazzi.

Questa immagine ci mostra invece come gli utenti interagiscono con i social media:

  • 51% link al post
  • 31% lascia una recensione
  • 22% menziona il brand nel proprio profilo
  • 20% invia un messaggio al brand
  • 18% twitta con il brand

Prima dell’era dei social, si poteva interagire veramente con un brand? Forse inviando una missiva, ma senza nessuna certezza di chi lo leggesse e senza alcuna percezione sulla viralità del messaggio inviato.
Oggi, in questo scenario delineato sopra, i brand sono obbligati a porre attenzione agli utenti, a rispondere con garbo e a favorire una comunicazione biunivoca. E’ innegabile che questo meccanismo abbia “aperto” il mercato in una maniera nuova e aiutato i consumatori a “vivere” meglio i marchi che amano e che seguono sulle varie piattaforme.
Ovviamente ci sono stati non pochi casi spinosi: vedi D&G o altri casi resi famosi da gaffe digitali. I brand si espongono, ma non sempre lo fanno nelle miglior maniera.

Questo caso, sappiamo tutti come è finito:

Torniamo sul binario principale e torniamo a parlare di strategia, in cui sono presenti FB e Google.
Queste 2 infografiche di Wordstream ci indicano i diversi CPA (costi per acquisizione) che si hanno mediamente in vari settori industriali.

Iniziamo dal versante di Big G:

Sono stati presi in esame 16 settori industriali e la media del costo per acquisizione è di:

56,11$ per la rete search e 90,80$ per la rete display

Si nota facilmente dal grafico che la rete search è mediamente più conveniente, in termini di CPA delle rete display, a discrezione di un unico settore che è quello degli hobbies e del tempo libero.

Vediamo come, secondo lo stesso report, si comporta Facebook in termini di costi per conversione:

Mediamente abbiamo una riduzione dei costi di conversione notevoli: 1/3 rispetto alla rete search e 1/5 rispetto alla rete display.

Interessante, perché dimostra ancora una volta che, mediamente, le campagne su Facebook, ad oggi, sono più convenienti che su Google Ads e che, probabilmente, si riesce a targhetizzare meglio gli utenti da raggiungere e la fase di scoperta e di conoscenza di un servizio/prodotto, unito alle operazioni di retargeting (cosa succederà con il nuovo Off Facebook Activity?), riescono a far convertire gli utenti a costi indubbiamente più bassi.

Ricordiamoci sempre che siamo nel campo delle ricerche non consapevoli, o latenti, e che quindi il funnel per arrivare alla conversione è più lungo rispetto ad una ricerca consapevole specifica su Google, che dovrebbe convertire in meno tempo, in un processo di acquisto ideale.

Fino a questo a questo punto abbiamo preso in esame i singoli strumenti, usati in maniera asincrona.

Ma se gli usiamo assieme? Succede qualcosa che possa spingere a farlo?

A supporto si questa analisi ci viene ancora una volta in aiuto WordStream con uno studio fatto su operazioni cross mediali:

Questa infografica prende in esame:

  • Interesse del Brand su rete Search
  • Google Search e Bing Ads
  • Google Search + Google Display
  • Google Search + Facebook Ads

Impostare una strategia su più piattaforme può portare benefici notevoli, vediamo come:

Suscita la curiosità e la conoscenza del tuo prodotto su Facebook e converti successivamente l’utente con Google

Spesso le persone invece che cliccare direttamente sull’inserzione che vedono, escono da Facebook e vanno a cercare su Google di cosa si tratta, per capire se può davvero fare al caso loro. Lo dicevo sopra: solo il 51% degli utenti fa click su un post visto su un social media

Quindi cosa dobbiamo fare per massimizzare gli investimenti cross mediali?

Ad esempio inserire sempre il nome del brand o del prodotto proposto nelle parole chiave su Google Ads. Poi dovremmo creare messaggi coordinati tra le due piattaforme, in modo che l’audience che arriva da Facebook, quando cerca maggiori informazioni, trovi veramente quello che si aspetta, anche su Google.

Secondo la ricerca condotta da WordStream qui sopra, l’advertising su Facebook porta ad un incremento del 34% delle ricerca su Google di un prodotto o brand.

Inoltre gli inserzionisti che usano una campagna display sulla Google Display Network, vedono in media un aumento del 31% nelle ricerche per il loro marchio su Google.

Quindi, se i budget a disposizione delle aziende lo permettono, l’ideale è lavorare in sinergia su questi due strumenti per aumentare i tassi di conversione delle nostre campagne online.

Strategia cross mediale. Facebook, o Instagram, fa scoprire un prodotto, l’utente poi procede la ricerca di informazioni e di recensioni su Google, prima di pensare a concludere il suo acquisto.

Forse banale come scenario, ma se non si presiedono tutte le fasi di un processo di acquisto, si rischia di perdere importanti connessioni con gli utenti che vorrebbero entrare in contatto con noi, indipendentemente dal tipo di conversione che ipotizziamo strategica per il nostro business

Infine usare il brand tra le nostre parole chiave in una campagna Google Ads rete Search, fa parte di un meccanismo di Brand Protection che ci mette al riparo da eventuali “intromissioni” di concorrenti che vogliono sfruttare il nostro nome/marchio per “rubare” traffico nominale al nostro sito.

Quindi per concludere possiamo dire che:

  • Gli strumenti vanno utilizzati a seconda del caso specifico.
  • Google Ads tendenzialmente costa di più che fare campagne su Facebook Ads.
  • Google Ads funziona se esistono ricerche sul tuo prodotto/servizio, altrimenti bisogna aiutare l’utente a “scoprire” cosa proponi, e qui intervengono le Facebook Ads o la rete Display di Google Ads.
  • Facebook è più utile per creare delle community e per dialogare in maniera più semplice con il proprio pubblico.
  • In una strategia digitale l’uso consapevole delle 2 piattaforme può portare anche all’aumento del 34% delle ricerche su Google.

Usatele consapevolmente 🙂

My 2 cents, obviously

 

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