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Un’altra vittima di femminicidio. Lettera aperta ad Emma Pezemo

Emma Pezemo
 
Bologna si è tinta di rosso con il sangue di Emma Pezemo, una giovane donna studentessa originaria del Camerun.
È innegabile, è una sconfitta per tutti: per l’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, per lo studentato in cui risiedeva, per la città che l’ha accolta per studiare, crescere, formarsi e avere un futuro migliore. Invece, l’abbiamo uccisa tutti, prima ancora del suo aguzzino che aveva salvato un mese fa da un tentato suicidio.
Non conoscevo Emma, ho ventisei anni studio e lavoro come faceva Emma fino a qualche giorno fa.
Mi fa male il cuore.Emma avrebbe potuto essere mia sorella, mia cugina o la mia migliore amica.
Non basta ricordare chi non c’è più.
Non basta dire “si poteva fare di più” o “faremo di più per proteggere le donne”.
Non basta istituire una giornata per ricordare che dobbiamo essere tutelate quando non possiamo neanche uscire dopo mezzanotte per buttare l’immondizia o portare a passeggio il cane, con il rischio che qualcuno/a ci molesti verbalmente o fisicamente.
Quando non possiamo indossare i vestiti che desideriamo.
Quando non possiamo denunciare per paura delle ritorsioni.
Quando nell’appartamento accanto fanno finta di non sentire.
Non basta un fiocchetto rosa o un video per sensibilizzare e informare con dei gesti delle mani come chiedere aiuto per lanciare l’allarme e far capire a un altro che si sta subendo violenza. 
 
Sono indignata davanti alla miseria umana, alla sottovalutazione, all’ignoranza e con ignoranza intendo il fatto di ignorare che la nostra società e quella in cui crescono i nostri figli e nasceranno i figli del futuro (e forse anche i miei) debbano trovare questo marciume. La società in cui viviamo e ci muoviamo, dove la malattia psichiatrica è ancora uno stigma sociale, dove le donne vengono uccise e fatte a pezzi come se fosse una cosa normale. Dove le persone con fragilità psichiatriche non seguite e inquadrate correttamente in un regime riabilitativo (e non contenitivo!) potrebbero nuocere a se stesse e alla salute altrui.
Non a caso l’assassino, Jacques Ngouenet, il compagno di Emma, in Camerun era stato una guardia per la sicurezza presidenziale, poi emigrato nel 2016 in Belgio per curarsi una malattia ai reni e infine è giunto in Italia richiedente asilo e noi lo abbiamo accolto.
Non solo, gli abbiamo assicurato un tetto e un letto curando i suoi disturbi mentali, ma evidentemente non lo abbiamo seguito o non è stato visto per ciò che era: un killer. Cosa ha fatto ad Emma? Prima l’ha stordita con della droga, poi avvelenata e infine fatta a pezzi con tre armi: un machete, una sega e un coltello di precisione. Insomma, un delitto con una precisione militare tale da lasciare attoniti per giorni. Poi s’è impiccato. Non è razzismo, sono per l’inclusione sociale. Sono per l’incontro delle culture, ma non per i killer a piede libero nel mio paese. L’assassino avrebbe potuto essere un italiano, come i tanti che hanno ucciso donne e continuano a fare del male dentro le mura domestiche verbalmente e fisicamente.
 
Potevamo evitare questa tragedia, Emma avrebbe potuto camminare ancora nella sua città d’adozione come me, diventare mamma, aspettava un bimbo o una bimba. Magari avrei potuto conoscerla o incrociarla in università.
Non serve solo l’indignazione ma occorrono politiche per non lasciare sole le vittime.
Servirebbe EDUCARE e mobilitarsi per farlo, creare una reazione collettiva che coinvolga la scuola, la società, le istituzioni per sconfiggere questa cultura della sopraffazione che è poi alla base di ogni violenza di genere.
 
Perché non inseriamo nei programmi scolastici iniziative, studi, casi che consentano di dialogare e di portare nelle aule delle scuole primarie e nelle aule universitarie il dibattito?
Perché nulla è più forte e pervasivo della parola per educare al rispetto e alla parità dei sessi.
La violenza sulle donne è anche un problema di uomini.
Bisogna uscire dal silenzio per testimoniare che la violenza sulle donne è anche un problema da uomini.
 
Che la terra ti sia lieve. Perdonaci Emma per non esserci accorti del tuo dolore e della vita che nonostante tutto volevi dare alla luce.
 
lettera aperta per Emma Pezemo

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